Società per Azioni in genere – Patto di prelazione = Tribunale di Milano Sezione Specializzata in materia di imprese del 09/03/2015: La Corte milanese ha sancito che “I patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali, essendo preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale e in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. Esso comporta l’opponibilità erga omnes della clausola ma nel solo senso dell’inefficacia rispetto alla società dell’atto di trasferimento eseguito in violazione della clausola medesima, potendo la società rifiutare di riconoscere quale socio l’acquirente della partecipazione il cui acquisto si sia verificato in violazione della clausola di prelazione.”

 

Testo Integrale: Tribunale di Milano Sezione Specializzata in materia di imprese del 09/03/2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA “B”

VERBALE DEL PROCEDIMENTO DI RECLAMO

Oggi 26 febbraio 2015 alle ore 12.15, innanzi al Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. E R C – Presidente rel. – dott. M G – Giudice – dott. G V – Giudice

sono comparsi:

– per la socia reclamante l’avv.

– per la società reclamata gli avv.ti

Sono altresì presenti ai fini della pratica forense le dott.sse(…)

L’avv. (…) ribadisce che la società reclamante si dichiara interessata e disponibile all’acquisto della partecipazione nel capitale della (…) SPA conferita dai due soci (…) nella (…) SRL in violazione della prelazione contenuta nello statuto della spa, acquisto da attuarsi con il versamento quale corrispettivo dell’importo di Euro 3.603.270,00, corrispondente al valore di conferimento quale risultante dalla perizia di stima (cfr. doc. 9).

Insiste quindi per l’accoglimento del reclamo, ribadendo che anche il comportamento dei soci (…) e (…) conferma l’interpretazione della clausola statutaria di cui all’art. 7 proposta dalla reclamante, dovendosi considerare che nello stesso atto di conferimento i due soc (…) danno atto, contrariamente al vero, dell’intervenuta rinuncia di (…) LLC all’esercizio del diritto di prelazione rispetto al conferimento.

Quanto al periculum, sottolinea che,

– a seguito del conferimento in violazione della clausola di prelazione, la srl qui resistente esercita i diritti amministrativi illegittimamente e continuerebbe a farlo ove non si rimedi con il sequestro;

– inoltre, essendo di fatto aumentato il peso di (…) nella compagine della spa, ciò potrebbe determinare delibere di messa in liquidazione della spa stessa con perdita della res litigiosa.

L’avv. (…) insiste per il rigetto del reclamo,

– dando atto di aver prodotto telematicamente in data di ieri il provvedimento del tribunale 30.1/19.2.2015 del rigetto del ricorso ex art. 2409 c.c. promosso dalla socia qui reclamante nei confronti di

– sottolineando in particolare il tenore della clausola, che non prevede alcuna configurazione di opzione vincolante,

– quanto al periculum, rilevando l’inconsistenza delle argomentazioni avversarie, tenuto anche conto che per un consistente periodo di tempo la socia reclamante non ha avuto alcuna reazione rispetto al conferimento di cui si discute, partecipando a varie assemblee insieme alla nuova socia.

L’avv. (…) dichiara che è intenzione dell’attuale reclamante promuovere reclamo avanti la Corte d’Appello anche avverso il provvedimento ex art. 2409 c.c. di cui sopra

Il Tribunale

si riserva di provvedere.

Il Presidente E R C

Successivamente, il Tribunale come sopra composto, a scioglimento della riserva di cui al verbale che precede;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il reclamo in esame è rivolto contro il provvedimento emesso ante causam dal g.d. il 14.1.2015, il cui testo si riporta di seguito: “Nella trattazione della parte ricorrente vi è molto “contorno”; l’essenza della questione è che la società resistente ha acquisito per conferimento una partecipazione azionaria nella società (…) spa, che prima apparteneva a due persone fisiche, (…) e suo figlio (…)

Si tratta di una società avente oggetto sartoriale, che sfrutta sostanzialmente le capacità del padre, (…) ed ha trovato un finanziatore, l’odierno ricorrente; per altro possiede anche una importante sede immobiliare in zona centrale di Milano, di elevato valore.

Lo statuto della (…) e c. spa prevede una prelazione e, nell’assunto, peraltro pacifico, che nessuna denuntiatio valida sia stata fatta, il finanziatore oggi ricorrente chiede il sequestro giudiziario della partecipazione conferita nella società resistente, (…) Srl.

Il ricorso si dilunga a raccontare diverse assemblee e vicende sociali, ma il punto della questione resta se al conferimento possa applicarsi la prelazione prevista nello statuto sociale all’articolo 7.

Come si dirà la soluzione da darsi alla questione è che non si applichi, pur tuttavia si accenna brevemente ad altri tre problemi che restano assorbiti da quella questione:

1.- La prelazione è da parte di dottrina e giurisprudenza ritenuta una clausola di natura meramente obbligatoria, con il che non si giustificherebbe il sequestro giudiziario, perché al più vi potrebbe essere il risarcimento, non il retratto delle azioni al socio che esercita la prelazione.

2.- In ogni caso poiché i soci della società conferitaria sono i medesimi che ivi hanno conferito, non vi è un sostanziale mutamento della compagine sociale, né si evidenzia una loro intenzione di vendere, bensì di liquidare realizzando il valore dell’immobile, il che esclude buona parte dei motivi di necessità del sequestro giudiziario richiesto.

3.- Non viene enunciata in alcuna parte del ricorso la volontà del ricorrente di esercitare la prelazione e soprattutto non viene determinato od offerto alcun prezzo, il che impedirebbe comunque alla ricorrente di qualificarsi come proprietaria o comunque come avente diritto all’acquisto: verrebbe con ciò comunque meno la controversia circa la titolarità delle azioni conferite.

Venendo al punto principale si deve osservare che c’è prelazione e prelazione: si può stabilire una prelazione soltanto per le cessioni aventi corrispettivo in danaro o comunque fungibile o si può stabilire una prelazione – in realtà “spuria” – che stabilisca che quando il socio non possa fornire un corrispettivo della cessione uguale a quello promesso dal terzo acquirente, perché si tratta di prestazione infungibile, corrisponda un equo valore delle azioni, vi sono poi prelazioni ancor più forti che possono stabilire il diritto degli altri soci di acquistare invece del terzo anche quando si tratti di un atto a titolo gratuito, anche qui con quantificazione del corrispettivo, od anche quando non si tratti in realtà di un contratto di trasferimento, ma questo avvenga ad altro titolo, di successione mortis causa o per fusione, per esempio.

Si tratta quindi di ricostruire quale fosse la volontà dei soci con la clausola inserita nello statuto.

La previsione è quasi sciatta: “in caso di trasferimento tra vivi, (le azioni) possono essere cedute, previa comunicazione scritta ai soci ai quali, a parità di condizioni, è riservato il diritto di prelazione nell’acquisto.

Perché la prelazione possa intendersi come qualcosa di più di un semplice obbligo di preferire il socio quando sia offerta una prestazione in danaro o comunque fungibile, è necessario che la clausola preveda modalità di valorizzazione della quota per l’esercizio della prelazione, appunto.

Ciò per il fatto che la norma generale, soprattutto per le azioni, è la libera trasferibilità, per limitare la quale occorre una esplicita previsione dello statuto: la prelazione di per sé è solo un obbligo di preferire a parità di condizioni. Per stabilire, invece, una facoltà di acquisto ad un prezzo dato, invece del trasferimento a terzi, è necessario che sia previsto nello statuto qualcosa in più, in realtà di diverso, della semplice prelazione.

Nel caso di specie non solo non sono previsti questi meccanismi di determinazione del compenso in caso di prestazione infungibile, ma la esplicita previsione di una parità di condizioni comporta necessariamente che la clausola sia ristretta ai casi in cui il trasferimento avvenga in vista di danaro o comunque di prestazione fungibile che anche il socio dunque possa offrire.

Da ciò discende che nel caso di specie, non potendo il socio offrire un analogo conferimento nella medesima società, la prelazione non opera.

Il ricorso va dunque rigettato con il favore delle spese alla parte resistente.

P.Q.M.

rigetta il ricorso come proposto

Condanna la parte ricorrente a rimborsare le spese di lite alla parte resistente , spese che si liquidano in assenza di notula in Euro 6.000,00 oltre Iva e cpa.”

La società reclamante ha censurato il provvedimento del g.d. per i seguenti motivi:

– erronea interpretazione della clausola statutaria, in realtà applicabile anche al caso di conferimento di cui alla vicenda controversa, secondo il tenore letterale della clausola e secondo la stessa interpretazione datane dai due soci (…) nell’atto di conferimento, la diversa ricostruzione fornita dal g.d. comportando in sostanza una elusione della previsione statutaria;

– erronea soluzione da parte del g.d. delle questioni “assorbite” ma comunque esaminate nell’ordinanza reclamata, posto che:

– secondo un condivisibile orientamento, la clausola di prelazione, ove inserita nello statuto, ha efficacia reale, con facoltà di riscatto del socio pretermesso;

– la cessione controversa non è affatto “neutra”, potendo i due (…) già soci quali persone fisiche della spa e a seguito del conferimento divenuti oggi soci della srl conferitaria, d’ora in avanti cedere a terzi liberamente la loro partecipazione nella srl;

– la volontà della ricorrente di acquistare le azioni oggetto del conferimento è stata espressa in via implicita nel ricorso attraverso la formulazione della domanda di merito e in ogni caso viene ribadita nell’atto di reclamo.

La società reclamata ha resistito al reclamo contestandone la fondatezza e svolgendo domanda risarcitoria ex art.96 c.p.c..

All’esito di tale contraddittorio e della odierna discussione orale, reputa il Tribunale che il reclamo non possa essere accolto.

Al riguardo va infatti considerato che,

– anche laddove si dovesse addivenire ad una soluzione diversa da quella seguita dal g.d. quanto alla applicabilità della clausola statutaria di prelazione alla vicenda di conferimento controversa, tenendo conto, come illustrato dalla reclamante, sia del tenore letterale della clausola -di per sè relativa ad ogni “trasferimento” di azioni tra vivi- sia delle considerazioni dottrinali sul tema richiamale dalla reclamante, in ogni caso osterebbe alla autorizzazione del sequestro giudiziario la non configurabilità nel caso di specie di una controversia sulla proprietà o sul possesso delle azioni in discussione, configurabilità che rappresenta uno dei presupposti della misura cautelare richiesta.

La valutazione di tale configurabilità va ovviamente condotta in termini di fumus e quindi di sommaria delibazione: e, entro tali limiti di esame, reputa appunto il Tribunale che non possa condividersi l’opzione interpretativa seguita dalla reclamante, opzione per la quale, in caso di violazione di clausola statutaria di prelazione, il socio pretermesso sia legittimato ad ottenere il c.d. riscatto delle azioni cedute da altro socio in violazione della clausola, offrendo il medesimo prezzo di quello pattuito in occasione della cessione non preceduta da adeguata denuntiatio.

Come già affermato in precedenti e condivisibili pronunce di questo Tribunale (cfr., ad esempio Trib. Milano 17.12.2012, ordinanza cautelare nel proc. rg n.79276/2012 reperibile sul sito www.giurisprudenzadelleimprese.it), la c.d. efficacia reale della clausola di prelazione ove inserita in statuti di società,

– efficacia reale da ultimo sottolineata da Cass. 12797/2012, secondo la cui massima: “Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali, poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente”, comporta di per sé l’opponibilità erga omnes della clausola ma:

– nel solo senso della inefficacia rispetto alla società dell’atto di trasferimento eseguito in violazione della clausola, in particolare la società potendo rifiutare di riconoscere quale socio l’acquirente della partecipazione il cui acquisto si sia verificato in violazione della clausola di prelazione (cfr. in tal senso, ad esempio, Trib. Milano 17.10.1996, in Il Foro padano 1998, I, 78)

– con la precisazione che, secondo talune pronunce, tale inefficacia potrà essere fatta valere anche dal socio pretermesso che abbia manifestato la propria intenzione di acquistare la quota alienata alle stesse condizioni concordate tra il socio alienante ed il terzo acquirente (cfr. in tal senso, ad esempio, Trib. Milano 23.9.1991, in Giur. It. 1992, I, 2, 240)

– e non anche (salvo il caso di espressa previsione statutaria) nel senso della configurazione di un diritto del socio pretermesso di “riscattare” la partecipazione oggetto della cessione non preceduta da adeguata denuntiatio,

– e ciò “polchè il diritto di riscatto costituisce un così intenso limite all’autonomia contrattuale ed al principio generale di cui all’art.1379 c.c. che non può ravvisarsi in ipotesi diverse da quelle di prelazione legale in tal senso espressamente regolate dalla legge (retratto successorio, prelazione agraria, prelazione nell’ambito della locazione di immobili ad uso non abitativo)” (così Trib. Milano 17.12.2012 sopra citata; nello stesso senso: ancora Trib. Milano, ordinanza cautelare 10.5.2013 nel proc. rg n. 15593/2013 reperibile sul sito www.giurisprudenzadelleimprese.it, Trib. Catania 20.11.2002, in Le Società n.4/2003, 597, Trib. Busto Arsizio 9.3.2012, in Le Società n.5/2012, 580, Trib. Verona, 20.10.2006, in De Jure 2007, Trib. Brindisi 17.3.2006, in Le Società n.12/2007, 1513; nel senso che, in assenza di espressa previsione di diritto di riscatto, la prelazione convenzionale così come quella legale “dà diritto soltanto al risarcimento del danno per inadempimento” cfr. anche Cass. n.19928/2008),

– a tali considerazioni dovendo poi aggiungersi che la non configurabilità di un diritto di riscatto del socio pretermesso appare comunque anche la soluzione più conforme al meccanismo della prelazione, il cui nucleo non è rappresentato da una promessa a stipulare suscettibile di esecuzione coattiva ma dal mero obbligo di denuntiatio, con facoltà del denunziante di non accettare la proposta dell’oblato e, in definitiva, di non procedere ad alcuna vendita.

Per quanto fin qui detto deve dunque ritenersi che, non essendo configurabile un diritto di riscatto in capo alla socia reclamante quanto alle azioni oggi detenute dalla reclamata, neppure sia configurabile una specifica controversia tra la socia reclamante e la (nuova) socia reclamata quanto alla proprietà o al possesso di tali azioni.

Dal che consegue:

– la carenza di uno dei presupposti del sequestro giudiziario richiesto dalla reclamante

– e, quindi, il rigetto del reclamo, con conferma del provvedimento reclamato, la cui motivazione va integrata nel senso sin qui esposto.

E ciò con valenza assorbente di ogni altra questione discussa tra le parli, dovendosi qui solo aggiungere che, anche in termini di periculum o, meglio, di opportunità di autorizzare il sequestro giudiziario richiesto, le deduzioni della reclamante non paiono univoche, in particolare:

– da un lato non risultando illustrato alcun dato relativo alla attuale o imminente intenzione dei due ex soci (dal 2011 detentori dell’intero capitale della srl conferitaria della loro originaria partecipazione nella spa) a dismettere la loro partecipazione nella srl, così in concreto (e non solo in astratto) alterando la originaria composizione della compagine della spa,

– mentre poi, d’altro lato, l’affermazione della reclamante circa il già verificatosi deterioramento della sua posizione all’interno della compagine, per trovarsi a fronteggiare non più due soci (il padre (…) ed il figlio (…) ) ma un solo soggetto (la conferitaria SRL (…) alla quale partecipano i due (…) padre e figlio) appare inconferente laddove si osservi che lo stesso statuto sociale disegna come irrilevanti -sul piano dell’organizzazione societaria- le concentrazioni endofamiliari di azioni, in particolare escludendo l’applicazione della clausola di prelazione “in caso di cessione al coniuge e/o figli” (cfr. ultima parte articolo 7).

Le spese del procedimento di reclamo seguono la soccombenza della reclamante e vanno liquidate come in dispositivo, tenuto conto della natura del procedimento, dell’attività difensiva svolta così come di tutti gli altri elementi rilevanti.

Non reputa infine il Tribunale la ricorrenza dei presupposti di legge per l’accoglimento della domanda risarcitoria svolta ex art.96 c.p.c. dalla parte reclamata, considerata in particolare la assenza di precedenti di legittimità univoci quanto alla questione come sopra valutata dirimente.

P.Q.M.

Visto l’art. 669terdecies c.p.c.;

rigetta il reclamo, confermando il provvedimento reclamato, la cui motivazione va integrata nel senso sopra esposto;

condanna la reclamante (…) LLC alla rifusione delle spese processuali relative alla fase di reclamo in favore della reclamata (…) SRL, liquidando tali spese in Euro 8.000,00 per compensi d’avvocato, oltre rimborso forfettario spese generali al 15%, oltre iva e cpa;

rigetta la domanda risarcitoria ex art.96 c.p.c. svolta dalla reclamata.

Così deciso in Milano, il 26 febbraio 2015.

Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2015.

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