Tribunale di Milano, Sez. IX civ., Decreto 2 ottobre 2013
Tribunale di Milano,
Sezione IX civile,
Decreto 2 ottobre 2013
Presidente S, Relatore B
in fattoomissi

in diritto
In via preliminare vanno risolte le questioni di rito emerse durante il procedimento e delibate le richieste istruttorie. L’ordine di esibizione invocato dalla resistente non è utile per il processo (per quanto si rileva in parte motiva: v. avanti) e, peraltro, difetta di sufficiente specificità ex art. 94 disp. att. c.p.c. Nel resto, i documenti offerti dalle parti vanno tutti acquisiti in quanto – in adesione al costante indirizzo della Suprema Corte (v. da ultimo, Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 aprile 2012, n. 5876) – nel rito camerale l’acquisizione dei mezzi di prova, e segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all’udienza di discussione in camera di consiglio (cfr. Cass. civ., sezione I, n. 8547 del 28 maggio 2003) essendo sufficiente che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio. Nel caso di specie, sui documenti è stato costituito apposito scambio di difese e contestazioni, nell’arco di due udienze e sono anche state ammesse appendici scritti con fine difensivo (v. note di udienza depositate dal ricorrente all’udienza del 17.9.13 ed osservazioni depositate dalla resistente, all’udienza del 27.6.13; tutte produzioni versate nel fascicolo del procedimento e che il Collegio acquisisce ai fini della decisione).

Può procedersi al merito del ricorso.

In disparte le debordanti considerazioni svolte dalla resistente circa i fatti assorbiti dalla fase della separazione e del divorzio – in spregio al principio di sobrietà e sinteticità degli atti giudiziali (v. Cass. Civ., sez. II, sentenza 4 luglio 2012, n. 11199; e in termini analoghi: Trib. Milano, sez. IX, ordinanza 1 ottobre 2013) – reputa il Tribunale che il ricorso meriti solo parziale accoglimento. In via preliminare, deve, innanzitutto, rilevarsi come sussista sostanzialmente l’accordo dei litiganti in ordine alla revoca dell’obbligo per il ricorrente di versare il contributo di euro 3.500,00 annui per la casa a …. e di circa euro 12.000,00 annui per l’abitazione di …. Trattasi di obblighi gravanti sull’onerato che, rimossi, determinano un incremento di reddito di euro 1.291,00 mensili. Si tratta, dunque, di un miglioramento della situazione reddituale che va a beneficio della capacità patrimoniale dell’onerato-ricorrente. Non può, invece, assumere rilevanza la nuova situazione affettiva della resistente in quanto, per stessa ammissione del ricorrente, già esisteva al momento del divorzio (2009), trattandosi di relazione decennale alla data del 2013. Ciò detto, è opportuno muovere dai dati reddituali documentati dalle dichiarazioni fiscali del ricorrente.

La decisione divorzile è stata pronunciata dal Tribunale di Milano nel corso del 2009 e, pertanto, la base fiscale di riferimento per verificare la capacità economica del X, al momento della disgregazione del vincolo coniugale, è costituita dalle dichiarazioni reddituali degli anni 2008 e 2009 (anni imponibili). Nel 2008 (v. Unico 2009), il X percepiva (…); il X percepiva, quindi, un reddito mensile medio (per 12 mensilità) di Euro 21.646,00 (per un reddito annuo netto di Euro …). Nel 2009 (v. Unico 2010), la situazione era sostanzialmente immutata (con una leggere inflessione in melius) con un reddito imponibile (…). La situazione reddituale dell’onerato inizia a registrare un decremento delle entrate dall’anno di imposta 2010 (v. Unico 2011), in cui il reddito scende ad euro …; scende ancora nell’imponibile del 2011 (Unico 2012), dove il reddito è pari ad euro .

Il decremento dei vantaggi reddituali si registra anche nel 2012: il modello Unico 2013 (doc. n. 129, allegato con la produzione documentale del 17 settembre 2013) porta un reddito complessivo di Euro (…) e, dunque, un reddito netto (…) pari ad Euro 12.499,00 mensili. Nel decremento registrato nelle dichiarazioni fiscali è del tutto irrilevante la posizione delle deduzioni fiscali a vantaggio del X: e, infatti, gli oneri deducibili erano nel 2008 di euro 33.000,00 circa; nel 2009 di euro 38.000,00 circa; e, a seguire, nel 2012 di euro 41.000,00 circa per arrivare ad Euro 56.707,00 nella dichiarazione fiscale del 2013 per l’anno di imposta del 2012. La differenza, dunque, tra la realtà fotografata nel 2009 e quella nel 2013 fa capo ad uno scarto minimo (pari ad euro 23.971,00) che, pure dove aggiunto nell’imponibile del 2012, non muterebbe la situazione complessiva dell’onerato (…).

Il reddito netto mensile del X va maggiorato (in via astratta) dell’incremento indiretto costituito dal venir meno degli oneri relativi alle abitazioni di … e di … (come evidenziato: euro 1.291,00 mensili). Anche alla luce del calcolo «virtuale» così posto in essere, il reddito netto mensile attuale dell’onerato risulta inferiore in modo significativo rispetto a quello dichiarato nel 2009 in quanto la disponibilità reddituale si è, di fatto, quasi dimezzata (da Euro 21/22 mila circa mensili ad Euro 12/14 circa mensili).

Alla riduzione del reddito corrisponde anche una perdita di capacità economica da parte del X. In primo luogo, come ha dimostrato il ricorrente (v. l’intestazione formale dello Studio .. nel 2010 e la intestazione dello stesso studio nel 2011), il ventaglio di collaboratori interni si è notevolmente ridotto con espunzione di ben tre figure professionali (..), anche per effetto della perdita di importanti clienti fissi. Ad ogni modo, la perdita di potere economico si evince, in modo abbastanza chiaro, dal fatto che il ricorrente (…) ha dovuto addirittura trasferire la propria sede professionale in altro ufficio: … con il chiaro fine di ottenere un risparmio di spesa (v. differenza trai canoni di locazione: docc.ti 30 – 32), anche perché l’originaria stipula era siglata dal solo X mentre la nuova reca anche la firma del collega di studio …. L’operazione è ancor più segnale di una situazione di mutate condizioni economiche ove si tenga conto che, lo studio di via …, era condotto in locazione dal X da circa … anni e, dunque, rappresentava un elemento di rappresentanza dell’attività professionale. L’affievolimento delle potenzialità di produrre reddito è anche provata dalla perdita di clientela, di particolare incidenza sull’economica complessiva dello studio legale (v. docc. allegati in atti e, in particolare, quelli di versati nel fascicolo con la memoria del 27 giugno 2013).

Rispetto ai rilievi sin qui condotti, la difesa della resistente non offre argomenti per smentire l’esistenza di sopravvenienze in rapporto causale con una mutata capacità economica e patrimoniale del X. E’ vero che il X, in occasione del procedimento di modifica ex art. 710 c.p.c., offrì un importo di assegno divorzile di Euro 700,00: ma trattasi di condotta anteriore alla sentenza di divorzio e, dunque, all’assetto economico rispetto al quale ha tratto linfa il ricorso introduttivo dell’odierno processo. Quanto alla lettura data dalla parte resistente alle dichiarazioni fiscali, essa non trova riscontro oggettivo nei dati documentali, illustrati qui in parte motiva. Sfugge al Collegio, inoltre, la critica agitata in memoria circa l’assenza in atti della dichiarazione fiscale del ricorrente per l’anno 2007: la decisione divorzile, infatti, (Trib. Milano, sez. IX, 2 aprile 2009, Pres. Est. Canziani) è stata resa a seguito della Camera di Consiglio del 18 marzo 2009 e si fonda sull’accordo delle parti (allora coniugi) raggiunto in data 4 febbrai 2009: la situazione reddituale imponibile di riferimento, pertanto, è quella esistente nell’anno 2008 e nell’anno 2009 e non certo quella degli anni precedenti.

Quanto all’immobile acquistato dal X per un prezzo di Euro 740.000,00 è appena il caso di ricordare che, per stessa ammissione della R, la compravendita è del 9 aprile 2009; dunque collocata in un periodo temporale non travolto dalle sopravvenienze allegate nell’odierno processo. In merito alla casa coniugale (assegnata alla R), deve effettivamente rilevarsi come si tratti di immobile adibito ad uso abitativo di circa 220 mq, strutturato in 10 vani (situato in …, alla via … 1) e in comproprietà alle parti in lite che, in tanto può costituire un onere per il soggetto tenuto al mantenimento ed all’assegno divorzile, in quanto risponda al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e faccia capo ad una capacità patrimoniale dell’onerato, rimasta inalterata da sopravvenienze. Dove, invece, ciò accada (modifica in peius delle condizioni dell’onerato), l’avente diritto non può pretendere che comunque e in ogni caso l’ex partner gli garantisca – con i suoi contributi economici – la possibilità di far fronte alle spese vive di una abitazione che non risponde più alle possibilità dell’ex marito in quanto, per tal via, si snaturerebbe la funzione del contributo al mantenimento per i figli (che deve essere in rapporto di proporzionale adeguatezza rispetto alle possibilità economiche del padre) e dell’assegno divorzile (che deve “assistere” l’ex coniuge bisognoso nella misura in cui l’onerato può contribuire con le sue sostanze e in considerazione sempre delle stesse).

In altri termini, l’impoverimento del soggetto che somministra le sostanze alimentari al nucleo familiare determina necessariamente e conseguentemente l’impoverimento dello stesso nucleo familiare che non può vantare un diritto a mantenere un determinato tipo di vita ed un determinato standard di benessere sociale ed economico; diritto che ben può essere iscritto nel catalogo dei cd. diritti immaginari (v. ad es., in tema di “diritto al tempo libero”, Cass. Civ., Sez. III, sentenza 4 dicembre 2012 n. 21725), che non trovano tutela nell’ordinamento giuridico non esistendo un «diritto ad essere felici» (v. Cass. Civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26972). Ciò vuol dire che, allegata e provata la sopravvenienza che muta le possibilità economiche dell’onerato, questi vanta un diritto alla modifica o revisione delle condizioni di separazione e divorzio a prescindere dall’incidenza che la suddetta modifica può avere sulle capacità dell’avente diritto a continuare a far fronte alle spese sostenute per l’abitazione occupata: dove la nuova misura alimentare non è più sufficiente per il mantenimento di un determinato habitat domestico, il genitore avente diritto, responsabilmente e nell’interesse dei figli, può pervenire a soluzioni abitative differenti (specie nel caso di specie, in cui la R non è mera titolare del diritto ad abitare nella casa ma proprietaria in misura pari al 50%). Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso merita accoglimento, seppur parziale.

Giova ricordare che le circostanze nuove (se provate dall’interessato come nel caso di specie) giustificano una modifica delle statuizioni economiche in favore del coniuge o dei figli per il giudizio di modifica ex art.155-ter c.c. o revisione ex art. 9 legge 1 dicembre 1970, n. 898 (v. Cass. Civ., sez. I, sentenza 8 maggio 2013 n. 10720); oggetto peculiare di tale ultimo giudizio è l’allegazione e la prova di circostanze sopravvenute rispetto a quelle sulle quali si era fondata la pregressa valutazione giudiziale (Cass. 2338 del 2006). Nel caso in esame, il ricorrente non solo ha offerto prova documentalE dei fatti nuovi, rispetto al divorzio, che hanno comportato un decremento del reddito ma anche dimostrato che le suddette sopravvenienze hanno provocato una contrazione delle potenzialità economiche. Ne consegue che l’assetto patrimoniale regolato dal giudice del divorzio deve essere oggetto di revisione: la revisione, tuttavia, non può essere offerta nei termini richiesti dal ricorrente. Se con un reddito mensile netto di circa euro 21/22 mila il X si era impegnato spontaneamente alla dazione di euro 2.200,00 per ciascuno dei figli (…) e di euro 1.485,00 a titolo di assegno divorzile per la ex moglie, a fronte di un attuale reddito mensile di circa Euro 12/14 (tenuto conto di tutte le circostanze e, come detto del venire meno degli oneri per le abitazioni di vacanza) è ragionevole inferire un importo attuale sostenibile di Euro 1.400,00 per ciascuno dei figli (22.000:2.200=14.000:x). Quanto alla posizione della R, è appena il caso di rilevare come la stessa, ancora oggi, non svolga occupazione lavorativa e non goda di età tale da collocarla utilmente nel mercato del lavoro, cosicché l’assegno divorzile è per lei l’unica fonte di sostentamento. Assegno che, ove ridotto, in considerazione del prelievo fiscale di legge, porterebbe un importo effettivo netto del tutto insufficiente a garantire condizioni di vita sostenibili. Peraltro, in ragione della riduzione degli assegni ai figli (che, col tempo, si esauriranno), il X già ottiene un beneficio diretto. Per i motivi indicati, l’assegno divorzile può essere ridotto nei limiti di euro 1.400,00. Le somme vengono dunque rideterminate in euro 1.400,00 per ciascuno dei figli ed euro 1.400,00 per la ex moglie; ferma in entrambi i casi la rivalutazione monetaria annuale ed il riparto delle spese indicate nella clausola n. 8 dell’accordo divorzile.

Su questi assetti non è possibile svolgere ulteriori modifiche: tutte le questioni ancillari portate in ricorso dal X (relativamente ai due figli) sono infondate e vanno respinte: la situazione di .. e … era già ben nota al padre al momento della sottoscrizione degli accordi di divorzio e, rispetto alla naturale evoluzione che ne è conseguita, non può ritenersi si siano registrate sopravvenienze che legittimino una revisione: peraltro, le allegazioni del ricorrente confluiscono naturaliter in un conflitto genitoriale piuttosto che in una domanda di modifica ex art. 9 l. div. Con riguardo alla decorrenza delle modifiche apportate, il Collegio reputo opportuno stabilirne l’efficacia dalla data della decisione e, quindi, dal mese di ottobre 2013, tenuto conto del fatto che, nelle more, le parti hanno sperimentato delle trattative così facendo affidamento sulla stabilità dei provvedimenti giudiziali vigenti nelle more. La possibilità di regolare la decorrenza degli effetti dell’odierna decisione, in modo differente rispetto al principio generale per cui la modifica decorre dalla domanda, discende dalla regula juris per cui il citato principio attiene esclusivamente all’an debeatur della obbligazione alimentare ma non influisce sulla determinazione del quantum degli assegni, che può dunque essere liquidato tenendo conto dell’evoluzione verificatasi nella situazione economica delle parti nel corso del giudizio (Cass. Civ., sez. I, 11 luglio 2013 n. 17199), e quindi mediante la fissazione di misure e decorrenze differenziate (cfr. Cass., Sez. I, 22 ottobre 2002, n. 14886; 22 aprile 1999, n. 4011; 9 agosto 1985, n. 4411).

Tenuto conto della reciproca soccombenza delle parti rispetto a differenti profili del contendere, le spese di lite devono essere interamente compensate tra le parti.

PER QUESTI MOTIVI
letti ed applicati gli artt. 9 l. 898/1970, 737 c.p.c.
A PARZIALE MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI DIVORZIO DI CUI ALLA
SENTENZA TRIB. MILANO, SEZ. IX, 2 APRILE 2009:
REVOCA l’obbligo del X di sostenere gli oneri di locazione dell’unità immobiliare sita in … (clausola n. 6 delle condizioni divorzili);

REVOCA l’obbligo del X di contribuire alle spese per le vacanze estive dei figli e dell’ex coniuge, mediante versamento della somma di Euro 3.500,00 annui (clausola n. 7 delle condizioni divorzili, limitamente al profilo economico);

RIDETERMINA il contributo di mantenimento dei figli (clausola n. 6 delle condizioni divorzili) in misura pari ad Euro 1.400,00 per … ed euro 400,00 per …, con decorrenza dal mese di ottobre 2013 (clausola n. 8 delle condizioni divorzili);

RIDETERMINA la misura dell’assegno divorzile stabilito in favore di R in euro 1.400,00, con decorrenza dal mese di ottobre 2013 (clausola n. 9 delle condizioni divorzili);

CONFERMA nel resto, per quanto di ragione.

COMPENSA tra le parti le spese di lite

DECRETO immediatamente esecutivo come per legge (Cass. Civ., Sez. Un., 26 aprile 2013, n. 10064)

MANDA alla cancelleria perché si comunichi alle parti

Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 2 ottobre 2013

Il Presidente

Il giudice est