Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-08-2013, n. 18554
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente – Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere – Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere – Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere – Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenzasul ricorso 13338-2009 proposto da:

C.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA, presso l’avvocato D F G, rappresentato e difeso dall’avvocato A E, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro
CE.LI.;

– intimata –

Nonchè da:

CE.LI. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE , presso l’avvocato L P L, rappresentata e difesa dall’avvocato M C P A, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro
C.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1439/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. A D;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato G D F, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO R G che ha concluso per il rigetto del ricorso principale ed inammissibilità dell’incidentale, spese compensate.

Svolgimento del Processo – Motivi della decisione
1.- Con atto di citazione notificato il 22.5.96 C.C. evocò in giudizio, avanti il Tribunale di Modena, la moglie separata Ce.Li., esponendo che all’epoca del matrimonio, contratto l'(OMISSIS), i coniugi avevano scelto il regime della comunione dei beni; che in seguito, con atto notarile 17.11.1987, avevano deciso di passare al regime della separazione dei beni perchè C., che era imprenditore ed intendeva acquistare immobili, aveva ritenuto opportuno intestare i propri beni alla moglie al fine di sottrarli al rischio di impresa; che scelto tale regime, lo stesso attore aveva acquistato con danaro proprio, tra il 1988 e il 1991, tre proprietà immobiliari intestandole alla moglie; che dopo il ricorso per ottenere la separazione, promosso da Ce.Li. nel 1995, costei aveva trattenuto tutti i beni mobili ed immobili rifiutando di riconoscere la proprietà del marito.

Su tali premesse l’attore chiese l’accertamento che i menzionati immobili ed i mobili che arredavano la ex casa coniugale erano di sua proprietà, ovvero, in via subordinata, la condanna della convenuta alla restituzione delle somme versate per l’acquisto.

Con separato atto di citazione successivamente notificato il 4.10.2002, lo stesso C.C., che nel frattempo era diventato padre di una bambina nata il (OMISSIS), avuta da altra relazione, promosse nuovo giudizio nei confronti della medesima Ce.Li., esponendo che, nel caso la convenuta fosse ritenuta legittima proprietaria dei beni o del denaro oggetto della prima citazione in forza di donazione da parte del marito, egli chiedeva la revocazione di tali donazioni per sopravvenienza di figli ai sensi degli artt. 803 e 804 c.c..

Riunite le due cause il Tribunale di Modena, con sentenza del 13.7.2004, respinse la gran parte delle domande di C.C., limitandosi a condannare la convenuta alla restituzione di alcuni beni mobili specificamente indicati nel dispositivo della sentenza.

Osservò, in sintesi, il Tribunale che l’attore non aveva fornito la prova della simulazione degli atti di acquisto dei beni immobili e del carattere fittizio della intestazione a favore della convenuta; che al riguardo nessuna controdichiarazione scritta era stata prodotta, e che comunque la prova della simulazione non poteva provenire da deposizioni testimoniali o interrogatorio formale; che neppure potevano ravvisarsi atti di donazione soggetti a revocazione ex art. 803 c.c. per difetto di animus donandi, dal momento che lo stesso C. aveva sostenuto nel primo atto di citazione di non avere mai inteso fare atti di liberalità.

2.- Con sentenza del 17.9.2008 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del tribunale, rigettando l’appello proposto dal C. e l’appello incidentale della Ce.. Contro la sentenza di appello il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi. Resiste con controricorso la Ce., la quale ha proposto, altresì, ricorso incidentale affidato a un motivo. Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. la controricorrente ha depositato memoria.

3.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. Lamenta che i giudici del merito abbiano fondato la decisione sulla base delle sole deduzioni di parte convenuta senza tenere in considerazione le prove offerte dal ricorrente.

3.1.- Il motivo è inammissibile perchè veicola censure in fatto, dirette ad ottenere una diversa valutazione del materiale probatorio, peraltro senza che sia adeguatamente e ritualmente impugnata la motivazione della sentenza impugnata, nella quale si da conto delle prove acquisite e della loro insufficienza (v. pag. 9) ai fini della prova dell’interposizione reale di persona e del patto fiduciario dedotti nella domanda dall’attore.

4.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2724 c.c., n. 2. Deduce che il rapporto di coniugio esistente fra le parti rendeva del tutto inutile e anzi inopportuno sottoscrivere un documento che attestasse l’interposizione fittizia, talchè ricorreva l’ipotesi di cui all’art. 2724 c.c., n. 2.

4.1.- Il motivo è infondato perchè la corte di merito ha correttamente applicato il principio per il quale per la ricorrenza dell’impossibilità morale di procurarsi la prova scritta di cui all’art. 2724 c.c., n. 2 non è sufficiente una situazione di astratta influenza o di autorità o di prestigio della persona dalla quale lo scritto dovrebbe esser preteso, nè di vincolo di amicizia, di parentela o di affinità di quest’ultima nei confronti della parte interessata all’acquisizione della prova, occorrendo il concorso di altre speciali e particolari circostanze confluenti e concorrenti a determinarla (Sez. 2, Sentenza n. 3750 del 26/03/1992; Sez. 2, Sentenza n. 15760 del 13/12/2001).

5.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 769 c.c.. Deduce che erroneamente la corte di merito ha ritenuto che l'”animus donandi” richieda una dichiarazione formale e non si possa desumere o presumere “per facta concludentia” ovvero nella evidente sproporzione tra le prestazioni del negozio realizzato.

5.1.- Il motivo è inammissibile perchè del tutto aspecifico rispetto alle ragioni che hanno indotto la corte di merito a confermare la sentenza di rigetto della domanda. In particolare rispetto alla parte della sentenza che ha sottolineato l’inconciliabilità “assertiva e probatoria” delle domande proposte dal C., avendo egli assunto, con il primo atto di citazione, l’esistenza di un patto fiduciario con la moglie (senza fornirne la prova scritta) e, con il secondo, l’effettività del trasferimento alla moglie, sebbene con spirito di liberalità.

6.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione lamentando che la corte di merito abbia ritenuto che l’intestazione di immobili al coniuge per sottrarre gli stessi ai rischi di impresa è incompatibile con una donazione per insussistenza dell'”animus donandi”.

6.1.- Il motivo è infondato perchè correttamente la corte di merito ha condiviso la valutazione del tribunale secondo cui non potevano ravvisarsi atti di donazione soggetti a revocazione ex art. 803 c.c. per difetto di animus donandi, posto che lo stesso C. aveva sostenuto nel primo atto di citazione di non avere mai inteso fare atti di liberalità. Assunto del tutto incompatibile – e, nondimeno, tenuto fermo – con la tesi sostenuta con la prima domanda, fondata sull’assunto per il quale egli, essendo imprenditore commerciale e intendendo acquistare immobili, aveva ritenuto opportuno intestare i propri beni alla moglie al fine di sottrarli al rischio di impresa.

7.- Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. e “conseguente violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c.”. Lamenta che la corte di merito non abbia preso in esame tutte le domande e, in particolare, la domanda ex art. 2041 c.c. e che erroneamente abbia ritenuto non proponibile l’azione prevista dall’art. 2041 c.c. subordinatamente ad altre azioni tipiche esercitate con esito negativo.

7.1.- Il motivo è inammissibile perchè non censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto privo di specificità il motivo di appello relativo alle altre domande proposte dall’attore e, in particolare, di quella ex art. 2041 c.c..

8.- Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1417 c.c.. Lamenta che erroneamente non sia stata ritenuta ammissibile la prova testimoniale sulla simulazione richiesta dall’interponente sul contratto di acquisto tra l’interposto e un terzo di buona fede.

Deduce che egli era “terzo” rispetto alle parti contraenti.

8.1.- Il motivo è infondato perchè la corte di merito ha correttamente applicato il principio per il quale l’art. 219 cod. civ. (nel testo novellato dalla L. 19 maggio 1975, n. 151) – che riconosce al coniuge la facoltà di provare con ogni mezzo nei confronti dell’altro, la proprietà esclusiva di un bene (comma 1) ed aggiunge che i beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi (comma 2) – concerne essenzialmente le controversie relative a beni mobili, ed è volto principalmente a derogare, attraverso la presunzione posta nel secondo comma, alla regola generale sull’onere della prova in tema di rivendicazione, mentre nessuna deroga configura alla normale disciplina della prova dei contratti formali, in particolare degli acquisti immobiliari.

Pertanto, quando un immobile sia intestato ad uno dei coniugi in virtù di idoneo titolo d’acquisto, l’altro coniuge che alleghi l’interposizione reale non può provarla nè con giuramento nè con testimoni, giacchè l’obbligo dell’interposto di ritrasmettere all’interponente i diritti acquistati deve risultare, sotto pena di nullità, da atto scritto, salvo che nell’ipotesi di perdita incolpevole del documento e non anche, dunque, nel caso in cui si deduce un semplice principio di prova per iscritto (Sez. 2, Sentenza n. 1482 del 10/02/1995; Sez. 1, Sentenza n. 11327 del 15/11/1997).

9.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale Ce.Li. denuncia violazione ed errata applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 342 e 113 c.p.c. in relazione all’art. 177 c.c., comma 1 e art. 194 c.c. circa i rapporti bancari di cui infra alla lett. A) e B) in costanza di comunione legale e per quanto riguarda le operazioni bancarie su titoli ed azioni in regime di separazione dei beni e all’art. 1298 c.c., comma 2.

Lamenta che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto privo di specificità il motivo di appello incidentale proposto contro la decisione del tribunale nella parte in cui affermava non raggiunta la prova di appartenenza ad entrambi i coniugi sia del c/c (OMISSIS) della BPER sia del netto ricavo delle operazioni bancarie ed in relazione all’art. 1298 c.c., comma 2 per quanto riguarda le azioni e i titoli acquistati e pagati con il c/c (OMISSIS) BSGSP gestito in comune come dichiarato nella stessa sentenza.

Inoltre, deduce che vi è stata da parte della Corte di appello di Bologna “violazione e/o mancata applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 112 c.p.c.” per non avere preso in esame, dopo avere respinto le domande del C. circa gli immobili per cui è causa, la domanda di cancellazione della trascrizione dell’atto di citazione 22/5/96.

9.1.- La richiesta di inammissibilità del motivo formulata dal P.G. nell’udienza di discussione è fondata e va accolta perchè la formulazione dei quesiti contrasta con l’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis. Invero, la ricorrente denuncia in unico motivo violazioni di legge sostanziale (artt. 177, 194, 1298 e 2668 c.c.) ex art. 360 c.p.c., n. 3 e violazioni di legge processuale (artt. 112, 113, 342 c.p.c.) ex art. 360 c.p.c., n. 4 con formulazione di quesito multiplo che, tra l’altro, prescinde dall’adeguata motivazione della sentenza impugnata, la quale ha escluso che la mera indicazione del saldo del conto corrente fosse sufficiente ad intergare il requisito della specificità del motivo, evidenziando, inoltre, che in mancanza di una attendibile ricostruzione contabile del patrimonio comune nel suo complesso, la sola circostanza dell’essere state poste in essere le operazioni bancarie in epoca in cui tra i coniugi vigeva il regime di comunione, non era sufficiente per l’accoglimento della domanda di divisione. Quesito multiplo, la cui formulazione imporrebbe alla Corte di sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva opera di semplificazione, per poi procedere alle singole risposte che potrebbero essere tra loro diversificate.

Talchè il ricorso principale deve essere rigettato mentre il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile con compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2013