Proprietà e Confini – Azioni a difesa della proprietà in genere – Limitazioni legali della proprietà – Rapporti di vicinato – Distanze legali per piantagioni di alberi di non alto fusto = Cassazione Civile Sez. II° n. 12949 del 23/06/2015 = La 2° Sezione della Corte di cassazione ha precisato che “Gli alberi di fico non possono considerarsi di alto fusto e rientrano, agli effetti delle distanze da osservarsi dal confine, nella categoria di cui all’art. 892, primo comma, n. 2, cod. civ., la quale comprende gli alberi il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami e che vanno piantati alla distanza di un metro e mezzo dal confine stesso. (Cassa e decide nel merito, Trib. Corleone, 02/07/2009)

 

TESTO INTEGRALE: Cassazione Civile – Sezione II° – n.12949 del 23.06.2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente – Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere – Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere – Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere – Dott. ABETE Luigi – Consigliere – ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24578/2009 proposto da:

P.S. (OMISSIS), B.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’avvocato P M, rappresentati e difesi dall’avvocato P A;

– ricorrente –

contro

M.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, , presso lo studio dell’avvocato M F M, rappresentato e difeso dall’avvocato M S;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 106/2009 del Tribunale di Termini Imerese – Sede Distaccata Di Corleone, depositata il 02/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. F M;

udito l’Avvocato P M, con delega dell’Avvocato A P difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C L, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, per l’assorbimento del secondo e terzo motivo e per il rigetto del quarto motivo di ricorso.

Svolgimento del processo

M.C., proprietario di un fondo sito in (OMISSIS), conveniva in giudizio innanzi al locale giudice di pace i vicini, B.I. e P.S., per sentirli condannare ad arretrare un albero di fico e una siepe collocati a distanza inferiore a quella stabilita dall’art. 894 c.c.. In subordine, chiedeva che fosse ridotta l’altezza dell’albero e della siepe.

Resistendo i convenuti, che eccepivano anche l’incompetenza per materia del giudice adito, questi in parziale accoglimento della domanda condannava i B. – P. a recidere i rami dell’albero protesi verso il fondo dell’attore.

Sull’impugnazione principale del M. e incidentale del solo B.I., sull’incompetenza del giudice adito, il Tribunale di Termini Imerese, adito in funzione di giudice d’appello, condannava B.I. e P.S. ad arretrare tanto l’albero quanto la siepe fino alla distanza legale, regolando le spese del doppio grado di merito in base alla soccombenza.

Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, il Tribunale rigettava l’appello incidentale in considerazione del fatto che l’attore non aveva inteso far valere un diritto di veduta sul fondo dei convenuti, ma solo la mancata osservanza della distanza legale nella piantumazione dell’albero e della siepe, domanda, questa rientrante senz’altro nella competenza per materia del giudice di pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c..

Nel merito, premesso che il regolamento locale del comune di Corleone prevedeva la distanza di tre metri dal confine per gli alberi di alto fusto e di un metro e mezzo per quelli che non superano i tre metri d’altezza, osservava che il c.t.u. aveva accertato che l’albero di fico esistente nel fondo dei convenuti era alto, dalla quota all’aureola, m. 5,03, e che distava m. 2,35 dal confine; e che sebbene gli arbusti di rose rampicanti, che sopravanzavano la ringhiera divisoria e distavano al massimo cm. 24 dalla linea di confine, non potessero qualificarsi come siepi, non si poteva escludere che questi per la loro altezza dovessero essere ricondotti alla misura legale.

Per la cassazione di tale pronuncia B.I. e P. S. propongono ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso M.C..

Motivi della decisione

1.- Col primo motivo, corredato da quesito di diritto ex art. 366- bis c.p.c., applicabile ratione temporis, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 892 c.c. e del regolamento edilizio comunale di Corleone. Il Tribunale, sostiene parte ricorrente, ha erroneamente ritenuto che detto regolamento disciplinasse la distanza degli alberi dal confine in maniera diversa dall’art. 892 c.c., comma 1, n. 2, sulla base di una lettera ingannevole redatta su carta intestata del comune di Corleone, non protocollata e priva dell’indicazione dell’impiegato che l’ha redatta, mentre detto regolamento, in realtà, non contiene alcuna disposizione sulle distanze degli alberi dal confine. Di conseguenza, deve essere applicata la norma codicistica, in forza della quale solo gli alberi di alto fusto devono essere piantati a non meno di tre metri dal confine, mentre per quelli non di alto fusto la distanza deve essere non inferiore a un metro e mezzo. E poichè l’albero di fico è classificato come albero non di alto fusto (come affermato anche da Cass. n. 1564/72) e la distanza del fico esistente sulla proprietà dei ricorrenti dal confine con il fondo di proprietà M. è di 2,35 m., la domanda dell’attore doveva essere respinta.

2.- Il secondo motivo espone la violazione degli artt. 116 e 213 c.p.c., dell’art. 892 c.c. e del regolamento edilizio del comune di Corleone, per non aver il Tribunale esercitato il proprio potere, in virtù del principio iura novit curia, di accertare d’ufficio cosa disponesse il regolamento locale, essendosi, invece, affidato alla predetta lettera prodotta dall’attore.

3.- Il terzo motivo lamenta l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo il Tribunale esaminato la certificazione del comune di Corleone, prodotta dai convenuti in primo grado, che smentiva la citata lettera prodotta dall’attore, chiarendo che nessuna norma del regolamento comunale di Corleone disciplinava la materia della distanza degli alberi dal confine.

4.- Il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 7 c.p.c. .Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello, i convenuti, nel resistere in giudizio, non avevano dedotto l’incompetenza per materia del giudice di pace solo con riguardo ad un’asserita lesione di un diritto di veduta, ma anche con riferimento alla loro servitù, acquistata per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, di mantenere l’albero a distanza inferiore a quella legale, proponendo un’apposita domanda riconvenzionale subordinata, eccedente l’ambito di competenza del giudice di pace. Pertanto, conclude parte ricorrente, l’intera causa doveva essere devoluta al Tribunale, unico giudice deputato a pronunciarsi su di una questione afferente diritti reali.

5.- Quest’ultimo motivo, da esaminare con priorità perchè inerente a profili di competenza, è infondato.

In tema di competenza, ove il giudice di pace, adito con domanda rientrante nella sua competenza per materia (nella specie, relativa al rispetto delle distanze legali nella piantagione di alberi), sia investito, in via riconvenzionale, di una domanda eccedente la sua competenza per valore o per materia (nella specie, di accertamento di usucapione), egli è tenuto, non operando la translatio iudicii a norma dell’art. 36 c.p.c., a trattenere la causa principale, separando la causa riconvenzionale per la quale non è competente; nè possono assumere rilevanza, in contrario, le disposizioni del sesto e del settimo comma del novellato art. 40 c.p.c., poichè esse non prevedono l’ipotesi in cui le predette domande siano proposte sin dall’inizio davanti al giudice di pace, nel qual caso rimane ferma la competenza funzionale e inderogabile del medesimo per la causa principale (Cass. nn. 23937/10 e 6595/02).

6.- Il primo motivo è fondato.

Dall’esame del regolamento comunale edilizio allegato al ricorso non risulta affatto l’esistenza di una norma come quella desunta dal giudice d’appello, vale a dire una disposizione che imponga la distanza minima dal confine di 3 m. per gli alberi d’alto fusto e di 1,5 m. per quelli “che non superano i tre metri d’altezza“. Sicchè è errata, perchè operata in virtù di un regula iuris inesistente, la deduzione che ne ha tratto il Tribunale, ossia che l’albero in questione, avendo un’altezza “totale” di 5,03 m., ed essendo collocato a 2,35 m. dal confine con la proprietà M., violerebbe la distanza prescritta dal regolamento locale.

Ciò posto, la. decisione deve basarsi sulla sola disposizione dell’art. 892 c.c..

In base alla quale, gli alberi di alto fusto che, a norma dell’art. 892 c.c., n. 1, debbono essere piantati a non meno di tre metri dal confine, vanno identificati con riguardo alla specie della pianta, classificata in botanica come “di alto fusto“, ovvero, se trattisi di pianta non classificata come di alto fusto, con riguardo allo sviluppo da essa assunto in concreto, quando il tronco si ramifichi ad un’altezza superiore a tre metri (Cass. n. 2865/03).

In particolare, gli alberi di fico non possono considerarsi di alto fusto, ma rientrano nella seconda delle categorie previste dall’art. 892 c.c., ai fini delle distanze da osservarsi dal confine, categoria in cui sono compresi gli alberi di non alto fusto, cioè quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami. La distanza di questi alberi dal confine deve essere di un metro e cinquanta (Cass. n. 1564/72).

Nel caso in esame, dalla sentenza impugnata si desume, a contrario, che la pianta in questione non presenta un tronco che si diparte in rami ad un’altezza superiore a tre metri, tant’è che solo per effetto di un’inesistente normativa locale la distanza dell’albero dal confine con la proprietà M. è stata ritenuta inferiore a quella legale.

Ne consegue, senza necessità di ulteriori accertamenti in fatto, l’infondatezza della pretesa azionata dalla parte odierna controricorrente.

7.- L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame delle restanti censure.

8.- Pertanto la sentenza impugnata va cassata e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, seconda ipotesi, deve essere respinta la domanda di arretramento dell’albero in oggetto, proposta da M.C. nei confronti di B.I. e di P.S..

9.- Le spese dei gradi di merito e del presente giudizio di cassazione seguono la soccombenza della parte controricorrente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinto il quarto ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di arretramento dell’albero in oggetto, proposta da M.C. nei confronti di B.I. e di P.S.; condanna il controricorrente al pagamento in favore degli odierni ricorrenti delle spese, che liquida in Euro 1.500,00, di cui Euro 500,00 per diritti per il primo grado, in Euro 2.800,00, di cui Euro 680,00 per diritti per l’appello, e in Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, per il presente giudizio di cassazione, il tutto oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 marzo 2015. Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2015

 

Nel medesimo senso: “Gli alberi di alto fusto che, ai sensi dell’art. 892, primo comma, n. 1, cod. civ., devono essere piantati a non meno di tre metri dal confine, vanno identificati con riguardo alla specie della pianta, classificata in botanica coma “di alto fusto”, ovvero con riguardo allo sviluppo comunque da essa assunto in concreto, quando il tronco si ramifichi ad un’altezza superiore a tre metri. (Rigetta, Trib. Belluno, 22/11/2007)” Cass. civ. – Sez. II, n. 3232 del 18/02/2015

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